Santa Sofia s.r.l.
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Con il suo aroma di frutta matura e le note balsamico-speziate, l’Amarone della Valpolicella Classico DOCG 2013 di Santa Sofia è un vino dal carattere incredibilmente leggiadro. La nostra prova d’assaggio.

Di Marco Colognese

L’azienda

“Volli, e volli sempre, e fortissimamente volli”, scrisse Vittorio Alfieri. Un poeta e il suo desiderio potente di diventare un autore tragico. Luciano Begnoni l’ha attualizzata rendendola sua e la pronuncia con quel fare affabile che cela un mondo fatto di sfide vinte e da vincere, caparbietà e amore per un lavoro prima precipitato addosso e poi vissuto con lucida intelligenza. Non finisce l’università, Luciano, costretto dagli eventi ad affiancare giovanissimo il padre alla guida della cantina a causa delle complesse vicissitudini create da un socio poco corretto.

Corre il 1967 quando Giancarlo Begnoni rileva Santa Sofia dalla contessa Rizzardi e arriva a Pedemonte in Valpolicella, nella magnifica villa progettata da Andrea Palladio nel 1565 e legata alla produzione di vino fin dal 1811. “A diciott’anni ero completamente astemio e non sopportavo il vino: lo dico con soddisfazione (sorride) perché adesso nel sangue ho l’Amarone. La conversione? È stata a causa di una scommessa con papà. Mi ero diplomato in ragioneria e frequentavo l’università. Poi non mi sono laureato, perché sono dovuto tornare qui e rimboccarmi le maniche. Mi sono detto: ci provo, se non mi piace farò dell’altro, da lì è iniziato tutto per me”.

È il 1984, Luciano ha diciannove anni e comincia un vero e proprio percorso di formazione sul campo, fatto prima di difficoltà e ostacoli e poi di grandi soddisfazioni, sulla base di quella “strategia dell’eccellenza” concepita dal padre fin dall’inizio contro un mondo di vini in damigiana e prodotti scadenti. Racconta: “Ho preso le redini di amministrazione e commerciale e pian pianino – assaggiando una cosa e poi un’altra – le cose hanno preso forma. Ho bevuto tanto e fatto tanta strada, diventando gli occhi commerciali di papà. Negli anni ‘90 ho iniziato a seguire l’export: vendevamo in tre paesi a adesso siamo presenti in settanta, con centoventi importatori. Nei primi tempi mio padre mi faceva da navigatore: ricordo il primo viaggio dalla Danimarca in giù, lui con la cartina in mano che mi diceva andiamo qua, andiamo là. È stato bello, quasi eroico.”
Luciano studia, porta a casa campioni da tutto il mondo per far capire al padre che vini vendessero bene nei vari paesi:” Dovevamo cercare di fare del nostro meglio per seguire il mercato. Non le mode, perché quelle vanno e vengono: bisognava mantenere autenticità del prodotto e tradizione, ma allo stesso tempo guardare con occhio sveglio il mercato. Che cosa vuol dire? Significa non fare vini furbi (a volte si usa questa parola, ma a me non piace, perché è una scorciatoia che non vuol dire mai qualità). Se il vino dev’essere in un certo modo devi usare le tecniche in maniera tale da arrivarci più possibile vicino, non dimenticando mai però il vitigno di provenienza e soprattutto – come diceva papà – non usare troppo i legni e fare i vini da falegname, tutti uguali, omologati da nord a sud.”

La realtà di Santa Sofia è quella di un’azienda che non si ferma: 24 ettari in Valpolicella Classica, 45 in Valpantena, vigneti tra i 350 e i 400 metri sul livello del mare, circa cinquecentomila bottiglie prodotte e poco spazio. Ecco perché, oltre alle bellissime cantine storiche sotto la villa, utilizzate per affinare vino già tra il 1300 e il 1400, è in previsione la realizzazione di una nuova cantina che sorgerà a poche centinaia di metri in linea d’aria dalla sede storica. Tutto sotto il controllo di Luciano e dei vigili occhi di Giancarlo, il quale ancora a 81 anni è a attivo come enologo e segue il lavoro del giovanissimo Matteo Tommasi, che lo affianca attento. Del resto, l’idea di una squadra giovane è fortemente radicata nello spirito formatore di Luciano, il quale preferisce lavorare, come dice lui, su “un foglio bianco” come solo le persone senza esperienze condizionanti possono essere.
Sono diciassette, le etichette prodotte da Santa Sofia: “Cerchiamo di fare vini da bere, dal bianco leggero all’Amarone. Papà diceva sempre che due persone che amano i vini rossi devono poter insieme finire una bottiglia, questo è quanto. Per noi ora è importante guardare avanti ed essere coerenti sia con il nostro passato sia con questo territorio”.

Il vino

Quello di Santa Sofia è uno stile netto, distinguibile, con vini tutti da una spiccata personalità accomunati da una linea tesa lungo un’espressione di finezza che non manca mai anche al più potente e strutturato. Eleganza, quindi, come filo conduttore fondamentale che connota inequivocabilmente anche l’ultima edizione dell’Amarone Classico nella sua Riserva 2013: i vigneti sono quelli più vecchi tra le zone di Negrar, Marano, Fumane e San Pietro in Cariano.
Le uve, Corvina e Corvinone per il 70% e Rondinella al 30%, subiscono un appassimento di un centinaio di giorni. La sosta in affinamento prima dell’arrivo sul mercato è quella necessaria affinché il vino sia pronto da bere, quindi cinque anni in botti di rovere di Slavonia e poi ancora almeno due anni in vetro nella spettacolare bottiglieria del XVI secolo, capace di contenere fino a 80.000 bottiglie, dove i contenitori vengono accatastati a mano uno per uno.
A testimonianza della sua leggiadria di carattere, il grado alcolico non supera il 15,5%. La frutta matura, tra l’intensità della marasca sotto spirito, amarena e frutti di bosco, accarezza e avvolge l’olfatto. E ancora spezie e note balsamiche che si ritrovano in bocca, dove armonia e freschezza governano acidità e potenza: chissà tra dieci o vent’anni? Da bere o aspettare, comunque sia da godere.